Il no dell’insegnante al lavoro senza dignità

Oggi ho letto la lettera che un’insegnante precaria di 44 anni («faccio con passione la pendolare da 13, insegno Latino, Greco e materie letterarie nei licei classici della provincia di Napoli»), ha scritto a Repubblica per spiegare perché ha rifiutato l’assunzione. Anzi, “la deportazione” come l’hanno definita tanti come lei, riferendosi alla destinazione che può essere ovunque.

Deportazione è un termine certo molto forte, così chi l’ha usato si è tirato sulla testa una bella quantità di critiche. In effetti la prima reazione, quella che si ha senza molto pensare, è: «Ma come si fa a rifiutare un posto di lavoro?». E su questo si può essere più o meno d’accordo.

Però… Però bisogna leggerla, la lettera di questa insegnante precaria di 44 anni.

Bisogna leggere dello stipendio da 1.000 euro al mese, della sede decisa da un computer, probabilmente dall’altra parte d’Italia, delle mansioni «a oggi non definite e sicuramente diverse da quelle per cui hai studiato e lavorato». Dell’incarico di tre anni e di altri trasferimenti. Dei posti tutti al Nord, «mentre è al Sud che occorrerebbero più insegnanti, dato l’alto tasso di abbandono e di dispersione scolastica». E delle classi sovraffollate «da 34 alunni che, divise, potrebbero essere meglio gestite da un maggior numero di docenti». E tanto altro, che trovate qui.

Robin Williams è l’insegnante nel film L’attimo fuggente.

Ma soprattutto bisogna leggere una frase di questa lettera che vale più di tutte le altre.

«Facciamo in modo» scrive l’insegnante «che il lavoro non sia percepito o elargito come un favore, perché è un diritto costituzionale. Difendiamo la dignità del lavoro che è di tutti e per tutti».

Che è un appello fortissimo, e coraggioso, perché ce ne siamo dimenticati.

Ci siamo dimenticati che il lavoro non è un favore ma un diritto previsto dalla nostra Costituzione.

Ci siamo dimenticati che al lavoro, e a chi lo svolge, va riconosciuta una dignità che non c’è più.

Non c’è negli stipendi da fame, nei lavori senza contratto, in quelli che fai gratis “per visibilità” e in quelli dove taci le tue competenze altrimenti “sei troppo qualificato”. Non c’è negli orari di 12 ore e più e nel posto negato “perché 45 anni sono troppi”. Non c’è nel fai così o fuori.

E’ una dignità che bisogna ricercare e ritrovare, costi quel che costi: come gli insulti (che potete leggere in coda alla lettera) a un’insegnante precaria che a un lavoro senza dignità ha deciso di dire “no”.

 

 

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