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A un passo dall’Italia si muore di freddo e di fame

In questo periodo a Belgrado, di notte, la temperatura sfiora i meno venti gradi.

Ogni notte a Belgrado più di 2.000 tra migranti e rifugiati (su 9.000 circa presenti in tutta la Serbia) cercano riparo nei magazzini abbandonati della città.

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Provate a immaginare cosa sia cercare di dormire (e non morire) in queste condizioni, una notte e un’altra e un’altra ancora.

Guardate questo video.

Medici senza Frontiere gestisce una clinica mobile a Belgrado.

E in Serbia, per questa grande organizzazione umanitaria, c’è anche l’italiano Andrea Contenta, esperto di affari umanitari.

Andrea Contenta medici senza frontiere

Ecco come Andrea racconta il freddo e la fame di tanti uomini e donne.

«Sono arrivato qui alla fine della scorsa estate. Allora la Serbia era ancora considerata un Paese di transito, con un flusso costante di persone in entrata e in uscita, nonostante la chiusura ufficiale della rotta balcanica da parte dell’Unione Europea. Quasi tutti viaggiavano affidandosi a trafficanti.

Alla fine dell’estate, la situazione è iniziata a cambiare. Sembrava che i Paesi lungo la rotta balcanica facessero a gara nell’inasprire progressivamente le misure deterrenti per fermare il flusso di persone.

Almeno la metà delle persone visitate nelle nostre cliniche in quel momento riportava lesioni dovute a episodi di violenza: morsi di cane, gravi contusioni e le conseguenze dell’uso di spray al pepe e dissuasori elettrici. Tutti hanno confermato che le ferite erano state provocate dalle varie polizie di frontiera (inclusa Frontex) lungo il percorso. Ricordo una bimba di due anni alla quale era stato spruzzato il pepe in faccia!

Ora si aggiunge uno degli inverni più rigidi degli ultimi anni. A Belgrado ha iniziato a nevicare il 3 gennaio. In quei giorni c’erano circa 1.600 persone che dormivano all’aperto o in edifici abbandonati come capannoni industriali, bruciando tutto quello che trovavano per scaldarsi.

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Lo scorso fine settimana, le temperature hanno raggiunto i meno 16 gradi e il numero di persone bloccate a Belgrado è salito a 2.000. Qui ci sono 30 centimetri di neve e nessuna di queste persone è vestita o attrezzata per questo clima. Le autorità locali a novembre avevano cominciato a provocare e intimidire i gruppi della società civile, arrivando addirittura a ostacolare il loro vitale lavoro, come la distribuzione di vestiti caldi.

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Ci sono stati sette casi di congelamento a Belgrado nelle ultime 24 ore, vi assicuro che è molto più grave di quanto sembra. Il congelamento fa sì che il sangue non raggiunga le estremità del corpo, addormenta i nervi e nei casi più gravi può essere trattato solo con l’amputazione perché i tessuti muoiono. Sono certo che il numero di casi aumenterà significativamente entro la fine della settimana.

L’inverno è un fenomeno naturale che non possiamo controllare. Il vero problema è la mancanza di volontà politica per cercare di soddisfare le esigenze immediate di queste persone vulnerabili. È un fallimento dell’Unione Europea, che ha chiuso gli occhi davanti al fatto lampante che le proprie politiche mal pianificate non hanno fermato il flusso di persone, ma non hanno nemmeno predisposto alternative legali per permettere loro di viaggiare in modo sicuro.

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Far finta che questo percorso sia chiuso e che queste persone non esistano non è la soluzione. Qualunque cosa si pensi circa il loro diritto di raggiungere l’Europa, meritano di essere trattati come esseri umani, con dignità. E in questo momento, non lo sono».

Le foto sono di Marko Drobnjakovic per Medici senza Frontiere.

Il video è di Euronews.

 

 

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