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9 luglio 2006: la mia sera mondiale

Il 9 luglio 2006 l’Italia vinceva il campionato mondiale di calcio e io ero a Ortisei, in Alto Adige, in un albergo che se la tirava parecchio, pieno di famiglie eleganti e mai sudate anche quando scarpinavano per chilometri sui sentieri diretti ai rifugi.

Quella sera i proprietari dell’hotel allestirono una sala per l’occasione, con un maxi schermo e le sedie in fila come al cinema e un piccolo buffet di dolci che seguiva la cena servita alle sei e mezza del pomeriggio per permettere a tutti di assistere a Italia-Francia.

Io non mi intendo di calcio per niente, in realtà non mi piace neppure,

ma l’Italia è l’Italia e i mondiali sono i mondiali.

E poi quella era una delle (rare) occasioni in cui tirare fuori lo spirito patriottico che proprio non ho, tenuto conto che dai vent’anni in poi non ho fatto altro che sognare di emigrare e di non tornare più.

Io sapevo che la finale di quei campionati sarebbe stata il 9 luglio ma avevo prenotato la settimana in montagna super-iper-stra-convinta che l’Italia sarebbe stata eliminata subito. Così, invece che in piazza Duomo a Milano, dove mi sarei divertita tantissimo, mi trovavo costretta a seguire la partita del secolo in Alto Adige, terra per altro molto tedesca, in mezzo a un gruppo di compostissimi lord e lady che commentavamo i tiri sbagliati in porta con espressioni come “ohibò” (io invece dico le parolacce, malattia disdicevole da cui non ho mai voluto guarire).

Dopo il primo quarto d’ora e il rigore per la Francia segnato da Zidane, che allora mi stava proprio sulle scatole ma che oggi ho decisamente rivalutato (oltre che dire parolacce, mi piacciono anche quelli un po’ str***i) ho deciso che la partita l’avrei seguita con i camerieri dell’albergo, che all’epoca non erano ancora tutti stranieri dei Paesi sfortunati come è ora, ma arrivavano in gran parte dal sud Italia.

Soprattutto i napoletani erano fortissimi: avevano piazzato una tv in cucina e tirato fuori aglio e peperoncini giganti a cui attribuivano poteri straordinari. Commentavano fuorigioco e calci d’angolo con un vocabolario meraviglioso che mi dispiace non essere in grado di riportare qui.

E’ stata la partita più divertente della mia vita.

Al pareggio di Materazzi il cuoco è saltato sul grande tavolo della cucina mentre il sommelier (che in sala era così compìto da mettermi soggezione) si è infilato in testa un paio di mutande tricolori che ancora oggi vorrei sapere dove mai le avesse comprate.

zidane

Alla mitica testata di Zidane a Materazzi è partita una specie di tarantella, mentre i rigori sono stati la fase più drammatica. Io non ne ho visto neppure uno, le mani sugli occhi per l’ansia: mi ricordo solo il rumore pesante del respiro dell’allegra combriccola di quella sera straordinaria.

grosso mondiali

Non abbiamo potuto festeggiare granché dopo lo storico calcio di rigore tirato da un tipo che si chiama Fabio Grosso e di cui ho perso le tracce… in sala c’era da servire il vino per i brindisi e tutti sono tornati al loro lavoro.

Io sono rientrata nel gruppo degli ospiti, di cui faceva parte anche una coppia di francesi. Di solito ho tanta, ma proprio tanta simpatia per i perdenti, ma quella sera ero così gasata che, incrociandoli, non ho trattenuto uno dei miei sciagurati risatoni.

Mi ricordo il loro sguardo, il sorriso un po’ tirato e la frase compostissima (alla scompostissima triglia) «Félicitations a les italiens».

Era il 9 luglio 2006, sera che (scusate la banalità ma è così) davvero non dimenticherò mai più.

 

 

 

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