Luca Traini raid Macerata

Il raid di Macerata e la società del “però”

Dei fatti di Macerata, città dove Luca Traini (nella foto qui sopra), 28 anni, è salito in auto, ha iniziato a guidare, poi ha abbassato il finestrino e ha sparato contro chi aveva la pelle scura, ferendo gravemente sei stranieri, ci sono due cose che mi colpiscono.

La prima è che oggi, a più di un giorno dai fatti, ho sentito per la prima volta parlare in tv delle sei vittime. Le hanno definite invisibili, e mai parola è più appropriata, perché su di loro è sceso il silenzio, anzi non si è proprio mai alzato.

Non amo il giornalismo “pettegolo”. Ma immagino cosa si sarebbe raccontato se i sei colpiti da quel pazzo (a cui i carabinieri hanno sequestrato una copia del Mein Kampf di Adolf Hitler e una bandiera con la croce celtica) fossero stati italiani. Nomi, età, lavori, sogni, genitori e famiglie, vicini di casa…

Dei sei dalla pelle nera zero, proprio come se non esistessero, numeri e non persone. “I feriti sono tutti immigrati tra i 20 e i 30 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana, Mali, Gambia e Nigeria” si legge sui giornali. E i nomi? Che servono i nomi?

La seconda è quella che nel programma In Mezz’ora in più di Lucia Annunziata su RaiTre hanno chiamato “la società del però”. Una società di cui ormai facciamo parte proprio tutti, mi sa. Quella che ti fa incontrare persone anche illuminate e “politicamente corrette” che ti dicono: «Che cosa orribile quella di Macerata, che follia, che orrore, però…”.

E via con i però.

Sì i migranti sono da accogliere, però sono troppi.

Sì i reati li commettono anche gli italiani, però i clandestini peggio.

Sì il Papa invoca l’accoglienza, però sarebbe più giusto rispedirli a casa loro.

Sì in Libia sono rinchiusi in campi di concentramento, però non possiamo accoglierli tutti noi.

Sì dobbiamo aiutarli con un lavoro e una casa, per dar loro una vita dignitosa che li tenga lontani dalla delinquenza, però prima gli italiani.

Fino alla frase epocale. “Sì quello di Macerata è stato un raid razzista,  però segue l’omicidio nella stessa città della ragazza italiana (la povera Pamela Mastropietro) da parte di un nigeriano. Ovvio che la gente si faccia giustizia da sola”. Ovvio.

Che dire?

Innanzitutto che una campagna elettorale che sta sfruttando in modo ignobile questa tragedia fa capire a che punto di non ritorno questo povero Paese sia arrivato.

E poi, che non occorrono tante parole per definire ciò che è razzismo. Anzi, basta tacere. Non nominare neppure per sbaglio quelle sei povere persone bersaglio della pistola di un pazzo per il colore della loro pelle. A Macerata, Italia.

 

 

 

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