Una foto di bambini siriani che giocano

In Siria i bambini giocano sotto terra

Immaginate la giornata di un bambino italiano. La colazione con i genitori, la scuola, i compagni, i colori, la luce del sole che filtra dalle finestre. E i giochi in cortile, le corse nei prati.

Poi immaginate la giornata di un bambino siriano. A cui manca il pane. Che vive nel terrore. Che non può studiare. E neppure uscire di casa perché rischia di morire sotto i colpi di mortaio o per mano di un cecchino.

Per questo bambino, e per tanti come lui, Ai.Bi. (Amici dei Bambini) sta per aprire a Binnish, città nel nord ovest della Siria, una ludoteca sotterranea, per far sì che possa giocare con un po’ di tranquillità. Protetto, per quanto possibile, dai bombardamenti.Una grande aula sotterranea. I bambini siriani sono costretti a giocare sotto terra.

Luigi Mariani ha 33 anni, ed è country coordinator dell’associazione. Quando ieri ci siamo parlati,  era in partenza non per la Siria ma per il confine turco dove per ora lavora. «Entrare nel Paese» dice «è troppo rischioso. Così ci appoggiamo all’associazione Syrian Children Relief, con cui collaboriamo da anni».

Sotto terra. I bambini siriani giocano sotto terra. Mariani cerca di stemperare il mio sconcerto. «La ludoteca, a fianco di un asilo anch’esso sotterraneo, sarà un luogo per aiutarli a ritrovare un po’ di normalità, in un contesto che di normale ha ben poco. Sarà piena di giochi e di colori, per far sì che possano riappropriarsi della loro infanzia, così gravemente compromessa dagli orrori della guerra. Un’educatrice e una psicologa li assisteranno, perché anche loro, come tutti i bambini del mondo, possano dedicarsi a cose “semplici”: imparare, giocare, divertirsi e sognare».

La guerra civile in Siria ha ucciso finora 11.400 bambini, e altri 375 mila almeno ha ferito «nel corpo e nell’anima». La metà dei rifugiati siriani fuggiti nei Paesi confinanti non raggiunge la maggiore età, 740 mila hanno meno di 11 anni. Tra chi è rimasto all’interno del Paese, ma che ha dovuto abbandonare la propria casa, 3 milioni sono bambini, spesso orfani di padri caduti nei combattimenti o di entrambi i genitori, e quindi soli. Tutti hanno smesso di studiare: una scuola su cinque è inutilizzabile. «Gli edifici scolastici, quando non sono stati distrutti o danneggiati o utilizzati come basi dei gruppi armati, vengono occupati dalle comunità di sfollati» spiega Mariani. «Si tratta di una scelta obbligata: i campi profughi sono sovraffollati e in condizioni precarie». Anche là dove una scuola c’è ancora, non ci sono insegnanti, perché a loro volta sono fuggiti.

Luigi Mariani, bolognese, ha scelto il lavoro umanitario dopo aver fatto altre esperienze all’estero. «Sono un oggetto strano» dice ridendo. «Dopo cinque anni passati in Australia, a Sidney come giornalista presso la Camera di Commercio italiana, ho deciso di cambiare». E aggiunge: «Noi di Ai.Bi. lavoriamo nella provincia di Idlib, in decine di villaggi tra cui Binnish, Taftanaz, e Sarmin. Aiutiamo le famiglie povere che accolgono gli orfani di guerra e diamo assistenza medica in quattro cliniche». Tra i tanti progetti di aiuto, Ai.Bi. sta pensando anche alla ricostruzione di un forno per il pane «perché non se ne trova più, e quello che si trova costa tantissimo».

Per la ludoteca di Binnish Ai.Bi. ha ricevuto un contributo dalla Provincia di Bolzano. Per gli altri interventi ha bisogno dell’aiuto di tutti. Se volete dare una mano trovate qui le informazioni.

 

 

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