Virginia Giugno con alcuni dei ragazzi sbarcati

Virginia, “mamma” di 800 piccoli migranti

L’altro ieri, nel porto di Pozzallo, in Sicilia, sono sbarcati 299 migranti. Arrivavano dalla Siria, dall’Iran e dalla Palestina. Tra loro 46 donne, di cui 3 incinte, e 52 bambini.

Vi dicono qualcosa questi numeri? O vi siete, anzi ci siamo, abituati e non ci facciamo più caso?

Ogni giorno è un giorno così. Di numeri dal sapore amaro. Il 26 luglio, sempre a Pozzallo, sono arrivati in 53. Il 23 luglio a Taranto in 1.164. Il 19 nel canale di Sicilia in 556 vivi e 29 morti…

È così, non ce ne accorgiamo più. E forse non ci accorgiamo neppure di chi, in quei porti, è in prima linea ad accogliere e soccorrere e incoraggiare gente che è sopravvissuta a viaggi infernali su carrette del mare. Dopo aver lasciato, per sempre, la sua casa e la sua gente.

Virginia Giugno è laureata in lingue e letterature straniere, ha due figlie di 27 e 19 anni, Virginia è capogabinetto del sindaco di Pozzallo (Ragusa) e coordinatrice della Protezione Civile. Ma soprattutto è “la mamma” di 800 migranti minorenni, arrivati soli, senza genitori né parenti, dal Ghana, dall’Egitto, dal Sudan, dalla Siria.

Virginia racconta volti e storie di tanti ragazzini che considera tutti suoi figli. Volti «scavati dal sole, dal sale, dalla sete, dalla fame. Gli occhi inquieti e le mani che ti cercano». Storie di minori da identificare, e da ricoverare in qualche struttura. Minori che però sono bambini che hanno bisogno  di qualcuno che innanzitutto ascolti la loro nostalgia per la mamma lontana. E li segua, «iscrivendoli a scuola, accompagnandoli dal medico e anche a mangiare una pizza».

Le parole di Virginia fanno il miracolo: i “numeri” che accompagnano tutti i giorni la parola sbarchi improvvisamente si animano e diventano persone: bimbi e ragazzini che – forse – anche grazie a lei avranno una nuova possibilità di vita.

È una bella storia, quella di Virginia. Come sono belle le sue parole, che spiegano perché faccia tutto questo: «Occuparmi di loro mi fa stare bene, mi regala felicità. Forse è una forma di egoismo, chissà».

 

 

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