Archivi categoria: Storie

Quel giorno che ho incontrato Fidel

«Hola niña!». E poi una mano sulla spalla. Era il 1991, ero a L’Avana, nella hall di un albergo un po’ cadente. Fuori tirava giù una pioggia violentissima. Mi sono girata ed era Fidel.

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Mi dicono che c’è una gran corsa a prenotare una vacanza a Cuba quest’anno (+ 20% di turismo previsto nell’estate 2015). «Bisogna andarci prima che tutto cambi» conferma Nanni, un mio amico giornalista, che è appena tornato da L’Avana. «Bisogna andarci subito, perché già si respira un’aria diversa dal passato».

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NON MI SPARARE (la generazione perduta della Siria)

È la foto che oggi si è vista ovunque sul web. Questa bambina si chiama Hudea, ha 4 anni e alza le mani davanti al fotografo Osman Sagirli che impugna una macchina fotografica che lei scambia per un fucile.

Hudea ha 4 anni e si arrende. Simbolo di una generazione perduta di un Paese dove, denuncia Save the Children nel giorno in cui a Kuwait City si apre la terza Conferenza dei donatori per la Siria, le condizioni dell’infanzia sono drammatiche.

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#LECOSEBELLEDELMIOLAVORO

Ora, io sono una brontolona che non sta mai ferma. E da quando la mia “casa professionale” è la scrivania di Segrate invece di un qualunque mezzo di trasporto (treno, traghetto, autobus, elicottero, aereo di linea, C130, motorino, bicicletta, piedi) con cui ho girato per buona parte della mia vita da giornalista, sbuffo e mi agito ancora di più.

Però ci sono bei momenti in cui, anche se inchiodata alla sedia, sono proprio contenta di quello che faccio.

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Non ha voce. Ma ha fame. La bella campagna del Ciai

Oggi vi parlo di fame.

Lo faccio perché ieri ho letto una notizia che mai avrei pensato di leggere: una bambina è morta di fame a Milano. Aveva nove mesi, viveva con i genitori italiani e disoccupati, e il nonno. Non sono stati trovati segni di violenza sul suo corpo, solo un’estrema magrezza. Pesava sei chili, la metà di quanto pesa generalmente un bambino della sua età.

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Non c’è giustizia per i morti d’amianto. E Romana lascia

Io l’ho saputo in un modo strano. Due giorni fa ero su un tram diretto in centro. Poco distante da me un uomo con la sciarpa che gli copriva il naso leggeva La Stampa. Sono tempi in cui è raro trovare, su un mezzo pubblico, qualcuno che legga un giornale di carta. Così ho fatto un passo avanti, per cercare di vedere un po’ meglio che faccia avesse. Ma l’occhio mi è caduto sulla pagina che aveva davanti. Sul titolo che apriva: «Il simbolo della lotta all’Eternit: “Troppa ingiustizia, lascio”».

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