Non c’è giustizia per i morti d’amianto. E Romana lascia

Io l’ho saputo in un modo strano. Due giorni fa ero su un tram diretto in centro. Poco distante da me un uomo con la sciarpa che gli copriva il naso leggeva La Stampa. Sono tempi in cui è raro trovare, su un mezzo pubblico, qualcuno che legga un giornale di carta. Così ho fatto un passo avanti, per cercare di vedere un po’ meglio che faccia avesse. Ma l’occhio mi è caduto sulla pagina che aveva davanti. Sul titolo che apriva: «Il simbolo della lotta all’Eternit: “Troppa ingiustizia, lascio”».

Una sberla in faccia.

Mi sono avvicinata di più al tipo. Un’intervista. Romana Blasotti Pavesi, un simbolo per tutti e per Casale Monferrato in particolare, spiegava in un’intervista che è finito il tempo del suo ruolo di presidente dell’Associazione famigliari e vittime dell’amianto. Dopo 27 anni di testimonianze e battaglie e lotte per la giustizia, lascia. Basta. Non è più il tempo. Ha 86 anni. È stanca.

Una sberla in faccia.

Sì, è come se mi fossi presa una sberla in faccia. Ma perché Romana? Ma come? Ma… e noi?

Romana Blasotti lascia perché la Cassazione ha prescritto il processo Eternit. Perché la sentenza ha reso vano tutto: il dolore personale per il marito, la figlia, la sorella, il nipote, la cugina portati via dal mesotelioma pleurico. E il dolore collettivo di una città che, per i morti da amianto, non ha mai smesso di chiedere giustizia.

Ma il 19 novembre 2014 la Cassazione ha assolto Stephan Schmidheiny, il proprietario dell’Eternit, che in appello si era preso 18 anni. Assolto non perché innocente, ma per prescrizione del reato.

Da quel giorno Romana sta male. Non dorme più. «Come faccio ad accettare che non c’è stata giustizia per le vittime?» dice nell’intervista a La Stampa. «Che, per via della prescrizione, sono come sparite? Ma quei giudici sapevano bene che cosa è accaduto a Casale? Ci hanno tolto tutte le possibilità di vedere riconosciuto un colpevole della tragedia che c’è stata e che continua».

Romana lascia con il desiderio di veder realizzata, là dove c’era la fabbrica dell’Eternit, la collinetta della memoria. Lascia con la speranza che venga introdotto nel Codice penale il reato di disastro ambientale, come le hanno promesso il premier Renzi e i presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso il giorno dopo la sentenza della Cassazione.

Romana, la donna che non ha mai versato una lacrima in tanti anni, che è andata ovunque a raccontare la tragedia di Casale e la forza della sua gente, che si è battuta fino all’ultimo, lascia perché è stanca. E senza lei siamo più stanchi anche noi.

Lo sono anch’io, che oggi mi sento più sola, e ho la sensazione amara che la lunga battaglia di Casale per la giustizia forse sia persa davvero.

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