terremoto aquila

«La notte del terremoto mi dissero di restare in casa…»

Il 6 aprile 2009 un terremoto distruggeva l’Aquila e uccideva 309 persone. Ieri la Corte d’appello ha assolto sei membri della Commissione Grandi rischi che erano stati condannati in primo grado a sei anni di reclusione per omicidio e lesioni colpose. Erano imputati di aver, cinque giorni prima del sisma, in una riunione convocata per valutare la situazione (da tempo la terra tremava in Abruzzo), rassicurato gli aquilani. Commettendo, secondo l’accusa, una “monumentale negligenza”, fornendo informazioni “imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica”. Soprattutto “vanificando le attività di tutela della popolazione”. Che avrebbero potuto salvare delle vite.

Accuse respinte ieri dal Tribunale. Occorrerà aspettare 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza. Solo allora, forse, ci sarà più chiarezza su quello che è stato definito “un processo alla scienza”. «Gli scienziati non possono prevedere un terremoto, le responsabilità di tante vittime è di quelli che hanno costruito case con la sabbia e non con il cemento» è il parere di chi ha accolto con favore l’assoluzione degli imputati. Un punto di vista legittimo.

Ma le assoluzioni amareggiano tanta gente dell’Aquila. «Non è successo niente. Evidentemente il  6 aprile 2009 non è successo niente»: sono le prime parole, cariche di amarezza e rabbia e desolazione, di uomini e donne che da quel giorno stanno combattendo perché la città rinasca. E che sulla tragedia che ha sconvolto per sempre le loro esistenze chiedono giustizia. E non vogliono che scenda il silenzio.

Qui trovate le loro voci.

«Un terremoto non si può prevedere. Ma perché essere rassicurati da chi aveva il compito di dire la verità? Il compito di una Commissione Grandi rischi è proprio questo, dire la verità, informare una popolazione confusa, impaurita, ignorante… Erano loro gli “scienziati”. Si dovevano allestire centri d’accoglienza per chi non si sentiva sicuro della propria casa, si doveva mettere in allerta, non tranquillizzare. Ero in Tribunale con il mio bimbo ieri, l’aula piena di noi, il bambino ha cominciato a fare i capricci e siamo usciti in cortile a giocare, aspettando la sentenza, poi ho sentito le urla… Tutti assolti.  Ho subito pensato a te Noemi, a te Michela, a te Pasquale, a te Federica, a tutti voi 309 miei concittadini che siete morti quella notte… Io ho pianto per voi». (Giorgia Evangelista, insegnante).

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«Non so perché ma un po’ me lo sentivo che sarebbe andata così. Io mi ricordo quella sera, eravamo in piedi davanti alla televisione, ad ascoltare quel che dicevano i componenti la Commissione Grandi rischi:  ci hanno invitati a bere un buon bicchiere di Montepulciano per aiutarci a dormire meglio, con un tono quasi a volerci prenderci in giro, con un sorrisetto che non riesco, non posso dimenticare. Mi chiamo Francesca, sono nata e vivo L’Aquila. Ho 42 anni, sono sposata da 13 anni e ho due figli di 11 e 9 anni.  Negli interminabili 38 secondi della scossa del 6 aprile 2009 ho perso in una sola volta casa e lavoro. Vivo tuttora in un appartamento dei progetti c.a.s.e. costruiti dal governo nel post sisma.  Sono ancora e inesorabilmente disoccupata». (Francesca Luzi)

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«Sono una mamma. Allora, nel 2009, non lo ero. Ma oggi penso spesso a che cosa avrei fatto io in quella notte se avessi avuto accanto a me un bambino, se avessi avuto la responsabilità di altri. Come avrei potuto convivere con il senso di colpa per aver sottovalutato un pericolo o rassicurato qualcuno? Queste assoluzioni, spiace dirlo, me le aspettavo. Perché credo che la condanna in primo grado sia stata solo il classico contentino per placare la rabbia della gente. Poi è stato fatto passare il messaggio mediatico che si stava processando la scienza. Così tutti assolti o quasi, perché il terremoto non si può prevedere. All’epoca ho seguito come cronista di Tvuno, la tv della mia città, l’evolversi della situazione sino ad arrivare al disastroso terremoto. Ho seguito tutto, riunione della Commissione compresa. Anche io, come tanti, mi sono sentita rassicurata dalle parole in quei giorni. Tant’è che quella notte, come molti altri aquilani, non sono uscita da casa perché mi sentivo in un certo senso tranquilla. Ieri ho pensato, dopo la lettura della sentenza, alle 309 vittime. Molte le conoscevo e conosco ora padri, madri, fratelli, sorelle, mariti o mogli. Provo a mettermi nei loro panni. Provo a capire senza riuscirci fino in fondo cosa proveranno oggi. Siamo morti un po’ tutti quel 6 Aprile del 2009. E siamo morti ancora oggi, il 10 Novembre del 2014». (Daniela Rosone, giornalista)

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«Se i terremoti sono scientificamente imprevedibili, per logica banale non si può prevedere neanche che non ci saranno. Quello alla Commissione Grandi Rischi non è un processo alla scienza né una caccia alle streghe o una stolta ricerca di vendetta ma un coraggioso processo a degli uomini di scienza richiamati alla loro tragica responsabilità di aver fatto previsioni». (Valeria Valeri, insegnante)

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«Povera scienza che viene tirata in ballo per salvare chi ha messo da parte l’autorità, che proprio la scienza gli ha conferito, per prestarsi ad un’operazione mediatica di basso profilo e conseguenze disastrose». (Carla Di Lauro e Rodolfo Vizzani, pensionati)

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«Sono senza parole. Si uccidono anche così i cittadini? Ammutolendo le coscienze, invertendo l’anelito di giustizia e di verità, silenziando la memoria, soffocando la speranza, spacciando per diritti, continui e pervicaci torti. Commenti chi può.  Viva la sua vita, perché preziosa. Ma impari, anche, dalla nostra esperienza. E abbia paura: non sarà mai tanta quanta quella di chi è morto il 6 aprile 2009, e di chi da quella notte è sopravvissuto a L’Aquila, in Italia». (Claudia Valentini, insegnante)

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«Quella notte molti miei amici e conoscenti sono scappati fuori casa come me, ma sono rientrati dopo la seconda scossa (verso l’una) più fievole di quella della 22,45. Secondo le “rassicurazioni”, la scossa delle 22,45 era stata un “bene”, perché l’energia si sarebbe scaricata gradualmente! Non ce l’ho con i membri della Commissione Grandi rischi perché non hanno previsto ciò che è successo: nessun essere umano avrebbe potuto. Ma sarebbe bastato “non rassicurare”. Senza rassicurazioni 309 di noi sarebbero qui». (Stefania Marci, aquilana)

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