Il premier Matteo Renzi

Sull’articolo 18 io la penso al contrario

Mi dicono: guarda che il mondo è cambiato ed è da vecchi non rendersene conto.

Mi dicono: guarda che difendere l’articolo 18 è pura ideologia, tipica delle vecchie generazioni.

Mi dicono: guarda che devi cambiare il tuo vecchio punto di vista. Cosa c’è di male se un giorno il tuo datore di lavoro decide che non gli piaci più? Ha tutti i diritti di lasciarti a casa e prendere qualcuno di più funzionale (o simpatico, o meno costoso…). Esci con l’indennizzo, qual è il problema? È il mercato del lavoro, quello europeo, moderno, giovane.

Io ascolto e mastico amaro. La penso al contrario, ma mi freno. È da quando sono nata che cerco di educarmi: «Calma, leggi, documentati, capisci…  Non parlare a vanvera su cose di cui sai poco…». Mi dico che l’amaro (amarissimo, anzi) che sento in bocca forse dipende da quel vecchio che ricorre in ogni frase. Strana la vita per la mia generazione (1960). Fino a una manciata di anni fa eravamo “ancora troppo giovani” per tutto. Poi un mattino ci siamo svegliati improvvisamente “troppo vecchi”. Chissà cosa diavolo era successo in quella notte…

Vecchio. Sei vecchia. Ovvio che non ti vada giù questa rivoluzione giovanilistica. Sei vecchia. Ovvio che tu sia attaccata a quelli che erano (solo per te?) delle conquiste, e dei valori.

Con ciò. Continuo a leggere e a seguire in tv quei dibattiti dove il giovane premier e i giovani politici spiegano perché è bello, moderno e – ovviamente – giovane perdere gli ultimi diritti sul lavoro (tu li hai, l’altro no, li tolgo anche a te, così siete tutti uguali. Ok, l’uguaglianza è un valore ma…).

Sento parlare di contratti che saranno soltanto a tempo indeterminato (wow! Del resto perché mai dovrebbero farli a termine quando li possono interrompere da un giorno all’altro? Boh!). Sento parlare di indennizzi per chi viene licenziato (wow! Ma quali, quanti? Boh!) e di corsi di formazione (wow! Ma con che soldi? Boh!). Soprattutto sento dire che “è così in tutta Europa”. Vero, verissimo, con una sola differenza: in Europa il sostegno sociale esiste davvero. Ma in Italia…

“Fanculo”: parolaccia, ma è quello che penso. No, però no, non così, mi dico. Sei vecchia, è questo il tuo problema. E non lo risolvi con un “fanculo” che fa tanto ragazza degli anni Sessanta.
Poi oggi capita che abbia un po’ di tempo in ufficio. Navigo tra i siti dei giornali e finisco sull’Espresso online, e su un post in un blog di Giulio Finotti che è un giornalista giovane (e anche molto apprezzato, 15.000 follower su twitter non sono uno scherzo). Il suo articolo si intitola “Perché è giusto abolire l’articolo 18” e inizia proprio così: «Ora vi spiego perché è giusto abolire definitivamente l’articolo 18». Sospirone (mio). Ok, mi dico. Comportati da vecchia come si deve, e ascolta le ragioni dei giovani, che magari ti convincono, alla fine.

E allora leggo tutto l’incipit: «È giusto abolire questa che dal 1970 a oggi è stata considerata una tutela, perché è il naturale proseguimento e compimento dello smantellamento di qualsiasi diritto e di qualsiasi garanzia dei lavoratori. Alcuni di voi, a questo punto, potrebbero archiviare questo post sotto la voce “ideologico”, e dedicarsi ad altre letture. Bene. A voi auguro buona fortuna».

O accidenti, mi dico. E sono sorpresa come non lo sono da tempo. O accidenti. E vado avanti. E non ve lo riporto tutto (ma ve lo linko alla fine) ma questo passaggio sì: «Abolire l’articolo 18 va benissimo per chi non ha il problema di doversi “ricollocare” o “re-inventare” una professione per portare il piatto a tavola, va bene per chi ha sempre vissuto di consulenze grazie alla politica, va bene a chi cade sempre in piedi. Non per chi ha un solo stipendio e quello solo e con quello mantiene una famiglia».

O accidenti, ma allora? Forse non è questione di età, forse non sono la sola a pensarla al contrario, forse bisognerebbe insistere e chiedere e battagliare… E mi viene da dire “Bravo Finotti, che non ti conosco ma non importa, sei davvero un bravo ragazzo”. Che è un pensiero da vecchia zia, ma in fondo chissenefrega.

L’articolo di Giulio Finotti, che è 100 mila volte migliore di questo mio, lo trovate qui. Vi consiglio di leggerlo, ne vale la pena.

 

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