nati in emergenza Msf

La campagna di Msf per chi nasce tra le emergenze

A caccia di notizie per cercare di capire se il coronavirus sia una sciagura planetaria o un’emergenza reale ma messa in scena con tratti da tragedia, domenica ho seguito “In mezz’ora” di Lucia Annunziata che su RaiTre raccontava come all’estero vedessero la situazione italiana. Non sono uscite particolari novità ma una considerazione positiva sì: «Dai grandi problemi nasce sempre un’opportunità».

Sarà stato un caso ma subito dopo è comparso il cartello della campagna di Medici senza Frontiere in corso in questi giorni difficili.

La campagna si intitola “Nati in emergenza” ed è dedicata alle donne che rischiano la vita nel dare alla luce i loro bambini (che rischiano la vita a loro volta) in Paesi in guerra, o in aree dove l’ospedale più vicino è troppo lontano da raggiungere, o in zone dove non esiste neppure un semplice ambulatorio medico.

A “Nati in emergenza” Msf ha dedicato un incontro pubblico a Milano il 20 febbraio (due giorni prima che la città “chiudesse per virus”). Io ho coordinato gli interventi di Ileana Boneschi, 32 anni, ostetrica per Msf in zone di guerra come il Sud Sudan, l’Iraq e l’Afghanistan, e di Anna Mizzi, 37 anni, anestesista appena rientrata dalla sua prima missione in Afghanistan.

milano msf
L’intervento di Ileana Boneschi durante l’incontro su “Nati in emergenza” organizzato a Milano il 20 febbraio da Medici senza Frontiere.

Di quelle testimonianze tanto intense e importanti e della campagna di Msf avrei voluto scrivere subito. Ma sulle nostre vite (e anche su questo blog) si è abbattuto il coronavirus. Così ho cominciato a chiedermi come potessi, in una situazione di emergenza nazionale, accendere la luce su contesti internazionali lontani da noi.

Ci ho pensato dieci giorni e oggi, dopo quella frase «Dai grandi problemi nasce sempre un’opportunità», mi sono convinta che fosse arrivato il momento.

Ciò che stiamo passando è grave, è vero. Ma non dimentichiamo che possiamo contare su un servizio sanitario in grado di far fronte a una situazione che mai avremmo immaginato di vivere fino a una manciata di settimane fa.

Dobbiamo esserne consapevoli: è questa l’opportunità che nasce dal problema. Così come dobbiamo essere consapevoli di quanto deboli siano certe popolazioni prive di tutto, a partire dal non avere un ambulatorio vicino a casa.

In fondo a questa pagina troverete qualche indicazione sulla campagna. Ma per darvi un’idea di chi siano gli operatori umanitari impegnati con Medici senza Frontiere, e di quanto faccia Msf per le popolazioni deboli, qui sotto pubblico un passo del diario di Anna Mizzi, l’anestesista che, sei secondi dopo la mezzanotte di capodanno, ha fatto venire alla luce il primo bambino del 2020 a Khost, in Afghanistan. Lo vedete in alto, nella foto sopra il titolo.

«Non ho mai amato molto festeggiare l’ultimo dell’anno, ma questo sarà un capodanno speciale: sono finalmente in Afghanistan a vivere una missione che sognavo da sempre e non vedo l’ora che scatti la mezzanotte per conoscere il primo bimbo senza frontiere del nuovo decennio.

La giornata è stata piena e frenetica come sempre qui al “bambinificio” di Khost (lo so, i capi non vogliono che lo si chiami così, ma come altro si potrebbe definire un ospedale con 23.000 parti all’anno?) e come d’abitudine alle nove di sera noi espatriati siamo già tutti nelle nostre stanze distrutti, a riposarci per ricominciare col sorriso domani.

L’entusiasmo però vince sulla stanchezza e decidiamo di lasciare il calduccio delle nostre camere per andare in ospedale ad aspettare il primo nato del 2020.

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L’anestesista Anna Mizzi all’ospedale di Khost in Afghanistan.

Alle 23.55 ci sono 5 donne nella sala parto, chissà chi sarà il primo a venire al mondo? A mezzanotte e sei secondi nasce un bel maschietto di 4,35 kg. La sua mamma piange di gioia. Ci racconta che è alla settima gravidanza, ma solo due dei suoi figli sono ancora vivi.

Aveva un’immensa paura che anche questo bambino non sopravvivesse e quando è cominciato il travaglio e ha avuto delle perdite di sangue ha voluto essere portata all’ospedale di Msf, perché in tanti le avevano raccontato che qui “ci prendiamo buona cura di tutte le pazienti”.

Suo marito ha guidato di notte per un’ora e mezza (“ma andando veloce, eh” ci tiene a precisare), alla mamma sono state prestate tutte le cure per fermare il sanguinamento e il piccolo è stato aiutato a respirare subito dopo la nascita, ora stanno entrambi bene e tutto è andato nel migliore dei modi. La famiglia è felicissima e non fanno che ringraziarci.

La tradizione locale vuole che il nome venga deciso dopo il ritorno a casa insieme a tutti i parenti, ma nel mio cuore questo bambino si chiamerà sempre Carlo, in onore della mia mamma Carla, anche lei nata subito dopo la mezzanotte del 1° gennaio e che mi aspetta in Italia fiera e preoccupata.

Perché noi operatori umanitari partiamo per portare il nostro aiuto in zone spesso instabili e rischiose, ma la parte più difficile è quella di chi – a casa – attende tremante il telegiornale e fa finta di niente per non darci preoccupazioni.

Prima di tornare a dormire, scattiamo qualche foto a Carlo, che si rilassa beato in compagnia di mamma e nonna. Nemmeno sa di essere un bambino speciale, simbolo di quanto la vita sia forte anche in situazioni di emergenza e di come il lavoro di Msf possa fare la differenza.

Lo guardo dormire avvolto stretto stretto nella sua copertina secondo il costume locale (anche se ho sempre il sospetto che non stiano molto comodi i bambini così).

Mi piace pensare che farà grandi cose e sentiremo molto parlare di lui.

Benvenuto al mondo, piccolo Carlo, ti auguro la più felice delle vite».

***

Nati in emergenza. Ogni due minuti nel mondo un’équipe di Medici senza Frontiere aiuta una donna a far nascere un bambino, per un totale di più di 300 mila parti assistiti in un anno.

Per queste donne e i loro figli, Msf ha lanciato la campagna di raccolta fondi “Nati in emergenza”: fino al 7 marzo si possono donare 2 euro con sms da rete mobile, 5 o 10 euro con chiamata da rete fissa al numero 45596, oppure online sul sito www.msf.it/natiemergenza

msf nati in emergenza

I fondi raccolti andranno a sostegno di sei progetti: l’ospedale di Khost in Afghanistan, che con 2.000 bambini nati ogni mese è il più prolifico dei centri di Msf; quello di Castor in Repubblica Centroafricana, uno dei Paesi con la mortalità infantile più alta; quello di Mocha in Yemen, costruito nel 2018 vicino alla linea del fronte per curare feriti di guerra e assistere i parti in emergenza; il reparto maternità di Mosul Ovest in Iraq, aperto nel 2017 per far fronte alla fuga di molti medici e paramedici; il centro di salute materno-infantile nel campo rifugiati di Shatila in Libano, dove siriani, palestinesi, libanesi e altre comunità vivono in condizioni drammatiche; la clinica pediatrica fuori dal campo per migranti e rifugiati di Moria, sull’isola di Lesbo, dove donne e bambini vivono in uno stato di emergenza cronica e in un ciclo continuo di sofferenza umana.

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