biotestamento

La legge sul biotestamento c’è e io voglio raccontarvi una storia

Quando con Marina chiacchieravo al telefono, raccontandole ansie e preoccupazioni e incazzature, lei rideva. E poi partiva con le sue, “lamentazioni” le chiamava. La fatica di vivere a Roma e avere il fidanzato in Piemonte, il sogno di lavorare a Milano per essere più vicina a lui, la passione per un incarico difficile ma che le riempiva la vita.

La nostra è stata un’amicizia virtuale più che reale, di chi si conosce via mail (ufficio stampa-giornalista) e poi mette insieme un progetto importante che discute e costruisce soprattutto al telefono.

Ci eravamo anche incontrate, certo, ma non più di tre-quattro volte quando il progetto era andato a buon fine e ci è successo di presentarlo insieme. Ricordo quella volta in giro per l’Emilia Romagna sepolta dalla neve che poi era diventata pioggia torrenziale e noi, inzuppate dalla testa ai piedi, avevamo pranzato alle 3 del pomeriggio ordinando tagliolini alla scoglio invece dei tortellini “per non fare scelte scontate”, prima di presentare il libro che io mai sarei riuscita a scrivere senza il suo aiuto.

E’ lei infatti che, sette anni fa, si è occupata del mio viaggio con Medici senza Frontiere. E’ lei che mi ha rassicurato prima della partenza per ogni dove («Vedrai il Pakistan è bellissimo!» giurava a me che staccavo il biglietto aereo per Islamabad morendo d’ansia). E’ lei che mi ha riempito di consigli (inutili, me lo diceva ridendo): «Mi raccomando con il capomissione ad Haiti, è uno che ti vuol dare dieci minuti ma io ho insistito per 20». E quando tornavo dicendo che il capomissione mi aveva parlato per ore e anche offerto la cena: «Ce l’hai fatta ce l’hai fatta, lo sapevo lo sapevo» commentava felice e poi mi annunciava la tappa seguente: «Che ne dici di andare a raccontare l’Aids in Malawi?».

Marina accompagnava gli scrittori che viaggiavano per raccontare Medici senza Frontiere («Ma con te non vengo, tu te ne vai da sola come tutti i giornalisti» aveva precisato al telefono, spegnendo sul nascere il desiderio che avevo in fondo al cuore), in giro per quella parte di mondo che ti fa capire un sacco di cose. Era una persona straordinaria: si era iscritta all’Università per una seconda laurea, era appassionata di libri e festival letterari.

Un giorno avevamo parlato anche di quello. Del rischio («e dai dillo, rischio di morire»), perché un margine, anche se minuscolo, c’è sempre quando fai un certo lavoro. Ed è stata in quella occasione che mi aveva detto: «Morire facendo qualcosa che ti appassiona, in cui credi, può avere un senso. Quello che mi terrorizza sono le malattie a cui sopravvivi per anni completamente inabile, che ti uccidono anche se sei vivo. Speriamo non ci succeda mai». Io sono piemontese ma avevo incrociato le dita: «Ma che idee ti vengono, dai…».

Marina era appena tornata dal Salone del libro di Torino quando ha avuto un infarto. Era sera, si trovava in un paese in provincia dove l’ambulanza è arrivata ma tardi, è rimasta senza respirare per troppo tempo, almeno così mi hanno raccontato giorni dopo. E a me che chiedevo: «Ma è viva vero? E’ viva?» rispondevano che sì, era viva, ma non parlava, non riconosceva nessuno, non mangiava…

Per settimane abbiamo vissuto di speranza, in attesa di un miracolo che non c’è stato. Io pensavo a quello che avrebbe detto, se avesse potuto parlare. Che avrebbe voluto, se avesse potuto scegliere. E anche alla sua famiglia straziata.

Marina è rimasta su questa terra senza più esserci. Accudita, curata, amata, ma non c’era più. Così per due anni. O forse “solo” due anni, se pensiamo a casi come Eluana Englaro. E poi il suo organismo non ce l’ha fatta più e lei se ne è andata davvero, finalmente libera.

***

Oggi il Senato ha approvato il biotestamento. Che prevede che ciascuno possa decidere di sé in caso di malattia o anche prima. Dicendo cosa vuole e cosa non vuole. Una legge che è civiltà e rispetto della vita, ancora prima che della morte.

Ho visto in tv le lacrime di Emma Bonino, di Mina Welby, della mamma di Luca Coscioni.

E ho pensato che questo è un giorno importante. Anche per raccontarvi una storia che finora non avevo raccontato mai.

 

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