Ezio Bosso e le cose belle che diamo per scontate

Se ne è andato il 15 maggio 2020. Ezio Bosso era un musicista straordinario e una persona coraggiosissima. Era il 2016 quando, guardando in tv il Festival di Sanremo, l’ho “scoperto” . Questo pezzo risale ad allora.

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Ezio Bosso, pianista e direttore d’orchestra di origini piemontesi, molto apprezzato all’estero e poco conosciuto in Italia almeno fino a ieri sera, è stato ospite della seconda serata del Festival di Sanremo. Il musicista, che vive a Londra e tiene concerti nei più prestigiosi teatri del mondo, è affetto da una malattia neurologica degenerativa.

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Ieri sera, quando ho visto Ezio Bosso entrare sulla sedia a rotelle sul palco di Sanremo, subito ho provato fastidio.

Odio la retorica, odio il buonismo, soprattutto odio quei programmi tv che usano in modo spregiudicato chi è malato o in difficoltà o solo più debole per fare ascolti.

La sera prima, all’Ariston, era toccato al centenario in tuta da ginnastica, (giustamente) un po’ stordito, a cui avevano fatto cantare Vecchio scarpone. Quando ho visto Bosso, ho avuto quasi un moto di rabbia: «E basta» ho pensato «ma perché costringerlo a tanto in nome dell’audience».

Bosso ha iniziato a parlare, con la fatica e lo sforzo dovuti alla malattia. Una fatica e uno sforzo accentuati dall’emozione che gli rendeva tutto ancora più difficile: io ho avuto la tentazione di spegnere la tv.

Poi ho sentito le sue parole, quelle che avete ascoltato tutti voi. Mi sono fermata. In piedi, in silenzio,

a guardare quelle braccia che andavano per loro conto e la bocca spalancata e la testa all’indietro e poi, giù, verso il piano.

Eppure. «Noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle».

Eppure. «La musica è una magia, non a caso i direttori d’orchestra hanno la bacchetta, è una fortuna che condividiamo».

Eppure. «La musica è come la vita, si può fare in un solo modo, insieme».

Silenzio, mentre lui parlava. Silenzio anche sui social. Per quasi due minuti l’hastag #sanremo2016 si è zittito su twitter, prima di esplodere.

La vita media di chi soffre di malattie degenerative – come per esempio la  Sla – è tra i due e i cinque anni. E non ci sono cure.

Eravamo 11 milioni davanti alla tv quando Ezio Bosso si è alzato a scatti dalla sedia a rotelle, si è seduto al piano e ha suonato Following a bird facendo crescere lo share del Festival di 10 punti (dal 45 al 55%)

«Noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle».

Odio la retorica, il buonismo, soprattutto i programmi tv che usano chi è malato per fare ascolti. Ma ieri per me – come per voi credo – per dieci minuti Sanremo è stato davvero una bella cosa. Non diamola per scontata.

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Qui potete vedere il video di quei dieci minuti (dopo la pubblicità che impone la rai…)

Mentre cliccando qui potete vedere la nuova versione di “Following, a bird” eseguita da Ezio Bosso con il violoncellista Relja Lukic. Ascoltatela, è meravigliosa

 

3 commenti su “Ezio Bosso e le cose belle che diamo per scontate”

  1. Monica mia,
    davanti al grande Ezio Bosso, grande Maestro e grandissimo Uomo, mi si è fermato al cuore.
    Mi è preso un dolore al petto, forse perché non riuscivo a respirare bene.
    Il sorriso. La bocca spalancata che prendeva alla vita più che poteva. Quelle braccia che si agitavano per i fatti loro. E poi le parole. La musica che era divina, nel senso proprio di ultra terrena.
    Mi ha squassato il cuore.
    A tal punto che non ce la faccio ad andare a rivederelo.
    Mai in tutta la mia vita qualcuno mi ha scosso così tanto da dentro il piccolo schermo.

  2. Meraviglioso è dire poco …il MAESTRO è stato sublime …le sue parole e la sua musica sono arrivate al cuore di milioni di italiani e l’Italia per alcuni minuti è stata unita come non mai.Grazie MAESTRO spero di ascoltare ancora per molti anni la sua musica divina.

  3. Non so bene cosa ho visto. Ascoltato. So di essere stata rapita, trasportata su, in alto. Ho provato una emozione indescrivibile. Non conoscevo il maestro. Non sapevo chi fosse quell’uomo sulla sedia a rotelle che dimenava il capo e faticava a parlare. Ora lo so. Era un angelo.

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