Cinzia e la sua piccola storia che ci fa sentire meno soli

Non è un gran momento questo. Abbiamo di fronte qualcosa che sta crescendo vorticosamente. Non so come chiamarlo: razzismo, oppure odio, o cattiveria, o schifo per l’altro. Capire perché accada è difficile, trovare una strada per superare tutto questo lo è ancora di più, sbattuti come siamo da un vento fortissimo che fa star male. Davvero.

Poi, su Facebook, oggi trovo una storia come questa. Lei si chiama Cinzia Spanò e fa l’attrice, e deve essere anche molto brava. Io non la conosco ma certamente andrò a vederla alla prima occasione.

Quella che racconta è una piccola storia, però bellissima. Che mi ha fatto sentire  meglio. Anche più allegra. Soprattutto meno sola.

E allora la condivido qui

(In fondo al pezzo trovate il link. La pagina Facebook di Cinzia Spanò è aperta a tutti. Tutti possono vederla, quindi non penso di violare la privacy).

Scrive Cinzia:

«Questa sera mi è capitato questo. Me ne tornavo a casa con un umore tremendo, un misto di malinconia e sconsolatezza come ogni tanto accade agli esseri umani anche senza particolari motivi. Aggiungici che ero pure in giro per la circonvallazione milanese, di domenica sera, col buio e l’aria di pioggia, insomma una serata deprimente. Assisto alla seguente scena: una donna corre per prendere l’autobus che è fermo alla fermata per via del semaforo rosso. Mentre corre le porte si chiudono, e lei tutta affaticata raggiunge l’autobus che è ancora fermo e si mette davanti alle porte aspettando che l’autista la veda e le riapra. Ma non accade. Allora lei bussa e aspetta, e poi bussa ancora. L’autobus è sempre fermo. Ma niente, non apre. Poi scatta il verde, l’autobus parte, e si lascia dietro questa donna che avrà l’età delle nostre madri che guarda l’autobus andare via senza neanche protestare. Se fossi stata del mio solito umore la scena mi avrebbe fatto arrabbiare. Era evidente che il guidatore ha fatto finta di non vederla per non aprirle. E forse – dico forse – c’entra il fatto che la signora è nera. Ma dal momento che sono appunto di questo umore tremendo, non riesco ad arrabbiarmi e mi prende una tale tristezza, ma una tale tristezza, che sento che mi aspetta un finale di giornata in cui me ne resto da sola ad interrogarmi sulla crudeltà della vita. Credo quindi che sia stato quel poco di guizzo vitale che mi restava a farmi abbassare il finestrino dell’auto e a dirle: “Signora! Glielo do io un passaggio!”. La signora è eritrea ed è qui da 27 anni. Si chiama Vita, non so se si scrive così, a ogni modo si dice come “Oi vita mia” mi spiega lei. Lavora tutti i giorni della settimana e per tornare a casa coi mezzi impiega più di un’ora e mezza. Mi dice anche che una volta aveva un marito, ma che non è mai tornato dalla guerra, e lei ha dovuto lasciare una bambina di due anni per poter venire a lavorare in Italia. Poi mi dice che non faceva altro che pensare a lei, che camminava per strada e piangeva, lavorava e piangeva, e la notte non riusciva a dormire. La figlia è cresciuta in Germania. E’ diventata avvocato, ha una casa tutta sua e, mi dice lei, persino una macchina. Durante tutto il viaggio in cui io l’accompagnavo nella periferia più nera che avessi mai visto, non ha fatto altro che ringraziarmi, dirmi che mi mandava il Signore, e preoccuparsi per me perché dopo me ne dovevo tornare a casa da sola. Ha tanto insistito perché le lasciassi un numero di telefono perché assolutamente mi doveva far arrivare un fiore, ma io le ho chiesto solo una preghiera, perché i pensieri di qualcuno fanno sempre bene, anche quando si è completamente atei. Quando siamo arrivate ci siamo abbracciate e poi lei è rimasta a salutarmi con la mano fino a quando io non ho svoltato l’angolo. E io me ne sono tornata a casa, dopo aver abbracciato una donna che si chiama Vita, con tutti i pensieri cambiati. Mi sento di nuovo al centro di ciò che sono, sento che ci sono troppe cose da fare per perdere tempo con tristezze inutili e mi dispiace solamente di non averle detto che è stata lei a essere stata mandata dal Signore per me. Buona notte a tutti».

La pagina di Cinzia (nella foto qui sotto) la trovate cliccando qui

cinzia spanò

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