Perché mi fa paura l’attacco della Rete ad Aldo Nove

Succede che lo scrittore Aldo Nove commenti il suicidio del pensionato di Civitavecchia che ha perso i suoi risparmi nel crac di Banca Etruria con un post su Facebook: «Questa cosa di chi si suicida perché “ha perso tutti i risparmi” mi lascia raggelato. Da parte mia non ho mai “messo da parte” nulla e preso atto di questo credo che non mi suiciderò perché oggi devo vedere una bella ragazza, un ottimo musicista e imparare nuove forme di meditazione sul respiro. Che cazzo sono sti “risparmi”? Se la religione è l’oppio dei popoli, il culto dei soldi ne è il cianuro».

Parole ruvide, e in Rete si è scatenato l’inferno. L’inferno per Aldo Nove. Contro il quale è stato scritto di tutto. Da un “Che cagata che hai detto” che ci può stare a “Tu devi morire male, però in fretta” che proprio non ci sta.

Certo, Facebook è Facebook, ma nelle parole di Nove io non vedo un atto di accusa al povero pensionato né una mancanza di rispetto.

Leggo invece il richiamo al valore della vita, a quanto ti possa offrire anche se non hai denaro. Leggo un attacco al “culto dei soldi”, che è una maledizione.

Leggo considerazioni fatte con espressioni un po’ superficiali e toni piuttosto brutali. Ma intelligenza è riuscire a guardare oltre e arrivare alla sostanza.

Che Aldo Nove ha precisato in un secondo post.«Ho perso mio padre a 16 anni. Mia madre a 17. La casa a 18. Ho avuto come eredità molti debiti. Ho finito il liceo lavorando…. Vivo in affitto in 35 metri quadri… Per tutta l’università mi sono nutrito di pesce in scatola lavorando di giorno e studiando di notte. Mai avuto risparmi. Dentista a debito… Possiedo, oltre a nessun risparmio, meno di 36.000 euro. Per essere libero di essere un uomo e non uno schiavo dei soldi. Amo il presente. Amo la vita che è ora, non tra sei mesi».

Leggere le reazioni, alcune di tremenda violenza verbale, lascia sconcertati. Non c’è confronto, è bandita la discussione. Non c’è spazio per la critica anche severa, sostituita dalle minacce e dagli insulti. Un modo di fare pericolosamente diffuso e non solo in Rete. Contro il quale sì, ci si dovrebbe scatenare. Invece di condannare senza appello chi ha espresso la propria (scomoda? estrema? discutibile? giusta? ) opinione.

 

 

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